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«VOLETE LA LUNA? VE LA METTO SUL CUCCHIAIO»

Intervista a Monica Bergomi, decana dei food blogger italiani e autrice del sito «La luna sul cucchiaio»

di Benedetto Colli

«La mia è una cucina semplice a cui aggiungo un tocco personale di fantasia. Per me, il lato estetico è fondamentale perché mangiamo anche con gli occhi. Do attenzione al valore nutrizionale del piatto. Questo credo derivi dal mio mestiere di sempre, l’infermiera». Comasca, Monica Bergomi è la decana dei food blogger italiani. Da quando ha lanciato il suo blog di ricette La luna sul cucchiaio, nel 2013, il successo è stato crescente fino a raggiungere gli oltre 70.000 follower su Instagram attuali. «Però agli inizi ho fatto parecchia fatica sul lato web e social: non sono una ragazzina, sono la nonna di due nipotini!».

Da cosa nasce la tua passione per la cucina?
«Ho sempre adorato cucinare. Ho iniziato a tre anni quando, arrampicata su uno sgabello e guidata dalla nonna, ho preparato la mia prima omelette. Una decina di anni fa, ho iniziato a postare le foto dei miei piatti su Facebook per scherzo. Poi, nel 2013 ho aperto il mio blog La luna sul cucchiaio».

Nome intrigante.
«Non c’è nulla di esoterico (ride). Ho iniziato facendo piccoli catering di finger food per privati nel periodo in cui questa tipologia di cucina era di moda. Bisognava dare un nome all’attività e qualcuno mi suggerì: “Vuoi la luna? Te la metto sul cucchiaio”. Per me, il blog non è mai stato un lavoro primario, e neppure oggi riesco a considerarlo un lavoro tout court: è sempre stata la mia passione e il mio relax».

Come descriveresti la tua cucina?
«Italiana, innanzitutto. Sono convinta che nel nostro Paese ci sia un patrimonio enogastronomico che tutto il mondo ci invidia ed è giusto che sia valorizzato. Gli italiani dovrebbero cucinare utilizzando materie prime nostrane, valorizzando piccoli produttori e consorzi. Dobbiamo renderci maggiormente conto che l’Italia ha un plusvalore rispetto agli altri paesi. Poi, è fondamentale la stagionalità. È inutile mangiare melanzane o zucchine a dicembre, perché le serre riscaldate inquinano e i prodotti non hanno lo stesso sapore né lo stesso valore nutrizionale».

Cosa ti piace della cucina toscana?
«La cucina tradizionale toscana è qualcosa di unico, soprattutto nell’uso di ingredienti semplicissimi. Penso ad esempio alla ribollita o alla pappa al pomodoro. In questo si fa sentire in maniera forte l’origine contadina di molti piatti. Nell’abbinamento con i vini locali, poi, le materie prime rivelano un legame straordinario e vincente con il territorio».

Come useresti il Prosciutto Toscano DOP in un piatto?
«Personalmente, è difficile che scelga di cuocere un salume perché è un procedimento che ne altera i valori nutrizionali e il sapore. Sono pochissimi quelli che possono essere cotti senza che se ne rovini il gusto. Il Prosciutto Toscano, invece, può tranquillamente essere usato in cucina, sia come complemento che come ingrediente. Sempre che, come già detto, lo si conosca e non lo si storpi. Per esempio, io l’ho utilizzato per preparare delle tagliatelle con prosciutto e zucca al forno e delle polpette con prosciutto e ricotta».

In questi tempi, sembra che la tendenza dei food influencer sia quella di passare più tempo a farsi foto che a cucinare. Mi sembra che tu vada orgogliosamente controcorrente.
«È un atteggiamento che io odio. Oggi come oggi, sui social passa di tutto, ma il fatto che qualcuno pubblicizzi creme, tutine da ginnastica e quant’altro non mi sembra inerente con il cibo. Per quanto mi riguarda, il discorso da cui sono partita e che deve rimanere il centro delle mie attività è la cucina e tutto ciò che le gira intorno. Per me è importante essere d’aiuto in questo ambito. Non mi piace mostrare la mia vita privata, penso sia evidente».

Quali sono le doti necessarie per fare il tuo mestiere?
«Primo: saper cucinare. Saperlo fare davvero. Vengono poi la conoscenza delle materie prime, che non vanno storpiate; la conoscenza delle tecniche; l’aver seguito dei corsi di cucina, se non proprio delle scuole, perché non ci si può improvvisare dall’oggi al domani. Ci vogliono poi tanta curiosità e tanta voglia di mettersi in gioco. Io sono curiosa di natura e questo mi ha aiutata tantissimo, ma ho preso parte a una marea di corsi prima di considerarmi competente. Inoltre, le ricette devono essere non solo scritte in maniera comprensibile, ma anche replicabili da chiunque».

Anche quella di dedicarti alla lievitazione sembra una scelta fuori dagli schemi rispetto ai tempi frenetici che viviamo.
«Ultimamente, quella della lentezza è un’idea che ha ripreso piede a causa del primo lockdown. È stata una “pausa” che ha portato tantissime persone a rivalutare il piacere di fare le cose con pazienza. La lievitazione è un fenomeno naturale, non richiede una lavorazione particolare, ma è necessario saper attendere».

Nella tua esperienza professionale, qual è l’incontro più speciale che ti sia capitato?
«Il non plus ultra per me è stato quello con il maestro Gualtiero Marchesi. Ho avuto anche l’opportunità di seguire un corso nella sua scuola di cucina. Era una delle persone più semplici e alla mano che mi sia capitato di incontrare in questo ambiente. Nonostante il livello mondiale raggiunto, parlava apertamente con tutti, che si trattasse di uno spazzino o del presidente della Repubblica».

Che progetti hai per il futuro?
«Vorrei dedicare più tempo a fare la nonna».

Ma perché non bisogna «mai mangiare peperonata nelle notti di luna piena», come esordisci sul tuo profilo Instagram?
«Già i lupi mannari sono aggressivi di loro, figurati se hanno mangiato un piatto così pesante da digerire! (ride)».